2019 – SORVEGLIANZA DELLA TUBERCOLOSI BOVINA NEL CINGHIALE, OSSERVAZIONI EPIDEMIOLOGICHE
Parole Chiave: cinghiale, tubercolosi bovina, sorveglianza della fauna selvatica
Sin dal 1930 è nota la sensibilità del cinghiale alla tubercolosi bovina (BT). In Italia la malattia è stata documentata in Liguria da Dini et al.(1), nelle Marche sono stati documentati casi sin dal 2002 (2). Da allora nel comprensorio appenninico del Monte San Vicino (1450 km2; 1480 m.s.l., 1480, provincia di Macerata, Marche, IT) un singolo ceppo di Mycobacterium bovis è condiviso tra bovino (Razza Marchigiana) e cinghiale in una interfaccia eco-patologica. Nelle ultime stagioni di caccia il numero dei casi è andato aumentando da 35 casi delle stagioni venatorie dal 2002/2003 al 2015/2016 a 77 casi delle stagioni venatorie 2016/2017 e 2017/2018, per complessivi 112 casi. Le relazioni tra infezione tubercolare e popolazione di cinghiale sono state indagate allo scopo di migliorare il controllo della malattia nei selvatici. La popolazione di cinghiale cacciata intesa come numero di casi sottoposti a visita e prelievo per il controllo della trichinosi (Reg.1375/2015), è stata comparata con il numero di casi con lesioni tubercolari (confermati dall’esame batteriologico) rilevati all’esame ispettivo dal Servizio Veterinario Pubblico. Le attività di sorveglianza passiva della BT nel cinghiale sono descritte al fine di fornire i principali indici epidemiologici della malattia nell’area di studio. Questi dati rappresentano una base fondamentale per la pianificazione di nuove azioni di controllo della tubercolosi e per aumentare le conoscenze epidemiologiche della malattia nel cinghiale. I risultati sono discussi per supportare tesi inerenti al ruolo del cinghiale nell’epidemiologia della tubercolosi, nell’ambiente considerato.
