2018 – RUOLO E IMPORTANZA DELLE PRESCRIZIONI DEI DISCIPLINARI DEI PROSCIUTTI DOP IN MATERIA DI GENETICA
I prosciutti di Parma e San Daniele rappresentano il 94,6% della produzione (11.712.737 su 12.378.179 pezzi) realizzata nel 2016 dagli otto prosciutti con riconoscimento DOP “Denominazione di Origine Protetta” e la loro regolamentazione è il modello di riferimento anche per gli altri prodotti trasformati DOP a base di carne suina (Tab 1). Per questo nel seguito si prendono in considerazione questi due prodotti leader che quarantasette anni fa con le leggi del 4 luglio 1970 n. 506 il prosciutto di Parma e n. 507 il prosciutto di San Daniele ottennero il riconoscimento nazionale della Denominazione di Origine Controllata (DOC). Con le leggi n. 26 e n. 30 del 13 febbraio 1990 la loro regolamentazione fu estesa all’intera filiera: dalla fase di stagionatura a quelle di allevamento e macellazione. Le relative norme esecutive furono approvate con Decreti ministeriali il 15 febbraio 1993, dopo un serrato confronto tra le rappresentanze dei vari anelli della filiera, supportate da esperti del mondo della ricerca.
Nello stesso periodo l’allora Consiglio delle Comunità europee promulgò il Regolamento CEE 2081/92 del 14 luglio 19921 che introdusse la protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine. Nel 1996 i due prosciutti ottennero la protezione europea (DOP)2 con il ricorso alla procedura in deroga, di cui all’art 2 del Regolamento CEE 2081/92, esercitabile fino al 2004 per le denominazioni che già si fregiavano di un riconoscimento nazionale. Grazie a questa particolarità fu possibile ottenere il riconoscimento di un’area geografica per gli allevamenti (10 regioni per ciascuna DOP) più ampia di quella di trasformazione del prodotto.
